L’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing – Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è una metodologia terapeutica utilizzata per il trattamento dei traumi psicologici e di esperienze di vita avverse che portano allo sviluppo di un disagio psicologico.
Secondo il modello dell’elaborazione adattiva delle informazioni, che costituisce il quadro teorico alla base della teoria dell’ EMDR, i problemi attuali sono il risultato di ricordi di eventi passati immagazzinati nel cervello in modo non funzionale al proprio benessere. Le cicatrici degli avvenimenti più dolorosi, infatti, non scompaiono facilmente dal cervello: molte persone continuano dopo anni a soffrire di sintomi che ne condizionano il benessere e impediscono loro di vivere sereni.
L’elaborazione delle esperienze dolorose, che avviene con l’EMDR, permette al paziente di cambiare prospettiva, cambiando le valutazioni cognitive su di sé e le reazioni emotive associate al ricordo dell’evento.
A seguito della terapia EMDR, i ricordi disturbanti vengono vissuti come qualcosa che ormai appartiene al passato, perdendo la carica emotiva negativa che avevano inizialmente. Il paziente continuerà ad avere memoria dell’evento ma sarà in grado di integrarne costruttivamente il contenuto in una prospettiva più ampia ed adattiva.
Nell’arco di circa trent’anni dalla sua scoperta, ad opera della ricercatrice americana Francine Shapiro, l’EMDR ha ricevuto più conferme scientifiche di qualunque altro metodo usato nel trattamento dei traumi. Oggi è riconosciuto come terapia efficace e metodologia evidence-based, approvata, tra gli altri, dall’American Psychological Association (1998-2002), dall’American Psychiatric Association (2004), dall’International Society for Traumatic Stress Studies (2010) e dal nostro Ministero della salute nel 2003. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, nell’agosto del 2013, ha riconosciuto l’EMDR come trattamento efficace per la cura del trauma e dei disturbi ad esso correlati, quali disturbi d’ansia, depressione e attacchi di panico (cit. in Fernandez I. et al., 2011).